STORIA DEI SANTI QUATTRO CORONATI
Quattro Santi Coronati,
Orsanmichele, Firenze,
1408-1413
Il grande flusso, con forte vocazione corporativistica, di scalpellini, scultori, stuccatori, lapicidi e architetti che operarono, per diversi secoli, su tutto il territorio europeo, lasciando tracce tangibili del proprio lavoro, fu certamente caratterizzato da un profondo senso religioso che si espresse in una devozione semplice quanto sincera e che vide nel culto dei propri patroni la manifestazione di una fede genuina e strettamente legata ai propri bisogni spirituali e materiali. I lunghi periodi trascorsi lontano dalle proprie terre d'origine, contribuirono alla creazione, di vere e proprie associazioni che si prendevano cura, nei momenti di bisogno, di coloro i quali versavano in condizioni di particolare difficoltà.
L'assistenza, materiale e spirituale dei compagni caduti in disgrazia rendeva più agevole la loro condizione di emigranti sostituendo, nei momenti più penosi,
il ruolo della famiglia. La creazione di luoghi riservati a loro, come le numerose cappelle all'interno delle chiese nelle città raggiunte dalla migrazione artistica è una riprova di questo desiderio di creare una sorta di zona franca, un piccolo lembo della propria terra nei luoghi raggiunti per lavorare.
Molte di queste cappelle furono dedicate ai Santi Quattro Coronati il cui culto, per tradizione, è da sempre associato agli scalpellini, agli scultori, ai lavoratori dell'edilizia che li elessero come loro patroni festeggiandoli il giorno 8 novembre.
Tale elezione fu la causa principale della diffusione del loro culto in tutta Europa. Nei periodi in cui le corporazioni d'arte e mestiere ebbero peso nella vita cittadina fiorì una prolifica produzione iconografica sui Q.C.; quando il ruolo di queste corporazioni diminuì scomparvero anche queste raffigurazioni.
Ma chi furono i Santi Quattro Coronati?
Tra i damnati ad metalla condannati a lavorare nelle cave di marmo molti erano i cristiani perseguitati per la loro fede; la Chiesa cattolica ricorda, i Santi Quattro Coronati, probabilmente martirizzati sotto Diocleziano per essersi rifiutati di scolpire una statua di porfido di Esculapio; le loro reliquie (?) sono conservate a Roma, nella Chiesa detta dei SS. Quattro Coronati, in vasche della stessa pietra che cagionò la loro morte. L'identificazione di questo gruppo di martiri costituisce materia d'indagine per gli studiosi da molti anni. Risulta complesso dirimere una questione che presenta molti aspetti enigmatici. Attraverso l'analisi di alcune fonti disponibili si è giunti, da qualche anno, ad una conclusione: il nome di Santi Quattro Coronati sarebbe da riferire a cinque martiri pannonici condannati a morte sotto Diocleziano nel 306 d.C. a Sirmio (l'attuale Sremska Mitrovica). Il loro culto, mantenendo il nome di Santi Quattro Coronati, risale al IV secolo ed è localizzabile o sulla via Labicana o nella basilica romana a loro dedicata al Celio.
È quantomeno singolare accettare la prima incongruenza che salta maggiormente all'occhio: i Quattro Coronati furono dunque cinque martiri.
Questo però è solo uno dei problemi che sono stati affrontati dagli studiosi nel tentativo di elaborare una plausibile conclusione. Esistono fonti di origine romana ed extra-romana che riportano notizie sui Q.C. senza però mai chiarirne l'identità.
Nel Sacramentario Leoniano, in quello Gregoriano, nel Liber Pontificalis di Onofrio l (625-638), di Adriano I (772-795), e Leone IV (847-855) non viene aggiunto nulla che possa chiarire la questione. I documenti di origine extra-romana (sec. VII circa), riportano i nomi dei Q. C. che corrispondono quasi del tutto a quelli riferiti da una Passio (un documento agiografico del sec. VI), che narra di cinque martiri pannonici, per cui si può concludere che tutti quei documenti, in qualche modo, derivino dalla stessa Passio.
Tutti i Martirologi (le raccolte delle vite dei martiri) successivi, aggiunsero ulteriori confusioni che si ripercossero anche nell'attuale Martirologio Romano, che dà ai Q. C. i nomi dei martiri di Albano chiamandoli: Severo (invece che Secondo), Severino, Vittorino e Carpoforo.
Le fonti di origine romana riportano la festa dei Q. C. e ignorano i nomi dei martiri, quelle extra-romane ne riportano i nomi (quattro o cinque) presi dalla Passio. La Passio è attendibile? Per molti studiosi, essa risale al sec. IV, ed è da considerare un documento di fondamentale importanza; per altri invece è una sorta di racconto fantastico, senza credibilità storica, di poco valore, infarcito di luoghi comuni e da collocare tra gli scritti agiografici del sec. VI. Cosa racconta La Passio? Diocleziano, recandosi in Pannonia (la parte tra Austria e Ungheria a sud-ovest del Danubio) per far estrarre il marmo per le sue costruzioni, incontrò tra le sue maestranze, quattro artisti della pietra: Claudio, Castorio, Simproniano e Nicostrato, cristiani non dichiarati. Chiese loro di scolpire una statua del Sole ed entusiasta della loro bravura gli affidò altri lavori di scultura. Simplicio, un altro scultore appartenente al cantiere pannonico, rimase colpito dalla bravura e dalla disponibilità dei quattro e li seguì nella fede cristiana. Fu battezzato dal vescovo Cirillo di Antiochia a Sirmio. L'invidia e il sospetto degli altri operai, che accusarono i cinque di praticare la magia, fecero nascere una serie di disaccordi creando due fazioni opposte e molti si convertirono al cristianesimo. L'imperatore, soddisfatto dei lavori eseguiti dai cinque commissionò loro una grande statua di Esculapio. Questo fece esplodere l'invidia repressa degli altri compagni che approfittando del fatto che i cinque tardavano ad eseguire la statua di Esculapio li accusarono di essere cristiani e disobbedienti. Furono costretti a confessare la loro fede e rifiutarono di scolpire una statua dedicata al dio pagano. Per questo furono consegnati al tribuno Lampadio che li fece flagellare giudicandoli empi e sacrileghi. Lampadio, morì subito dopo aver eseguito l'ordine. Diocleziano fece rinchiudere vivi i cinque cristiani in casse piombate e li fece gettare nel fiume il giorno 8 novembre.
Quarantadue giorni dopo la morte dei martiri, Nicomede, un probabile amico dei cinque, approfittando dell'assenza dell'imperatore, recuperò i loro corpi e li nascose. Diocleziano tornò a Roma quasi un anno dopo e volle un tempio dedicato ad Esculapio (presso le terme di Traiano) al quale tutti i soldati dovevano sacrificare. Quattro soldati romani, "corniculari"(aiutanti dell'ufficiale dell'esercito imperiale), si rifiutarono di offrire sacrifici al dio e furono condannati alla flagellazione e morirono; i loro corpi furono lasciati insepolti, ma S. Sebastiano coll'aiuto del papa Milziade li raccolse e li seppellì al terzo miglio della via Labicana, e poiché erano periti nello stesso giorno dei cinque martiri pannonici ed i loro nomi erano ignoti, il papa stabilì che fossero venerati sotto i nomi di quattro dei pannonici e precisamente: Claudio, Nicostrato, Simproniano e Castorio.
Chi ha scritto la Passio?
La Passio, il racconto agiografico, è probabile opera di un chierico, forse di origine pannonica, addetto alla basilica celimontana e fu composta in occasione della nuova festa del Celio, nella seconda metà del sec. VI. Il chierico, conoscendo ben poco sui martiri, lavorò molto di fantasia inserendo nel suo racconto agiografico molte imprecisioni e discordanze storiche. Le imprecisioni della Passio si amalgamarono con tutte le fonti posteriori composte lontano da Roma sino ad arrivare ai giorni nostri.
Riassumendo: all'inizio del sec. IV a Roma, nel luogo detto in Comitatum sulla via Labicana, erano sepolti e venerati i quattro martiri: Clemente, Simproniano, Claudio e Nicostrato; il loro culto si perse per ragioni non conosciute ma i loro nomi entrarono nella passio S. Sebastiani (sec. V) e da questa entrarono nei martirologi storici; la basilica del Celio, denominata "titulus Aemilianae", divenne "titulus SS. Quattuor Coronatorum" (sec. VI) probabilmente perché vi furono collocate alcune reliquie per celebrare una dedicazione (venne cioè consacrata al culto) proprio l'8 novembre.
La coincidenza della festa con il dies natalis dei quattro martiri della via Labicana induce a pensare che le reliquie usate per quella dedicazione appartenessero ai martiri sepolti nel luogo chiamato "in Comitatum", e furono genericamente chiamati Quattro Coronati, non esistendo altri dati sul loro conto.
Alla grande confusione che regna nella ricerca di una "verità storica" sui Q.C. si contrappone un culto molto vivo e sentito durato per molti secoli e dimostrato dalla fortuna iconografica incontrata dai martiri pannonici , o dai soldati romani, che segna, come un filo rosso, la storia della corporazione degli scalpellini e delle maestranze edili che, con il loro lavoro raggiunsero, anche dalle terre dell'attuale Canton Ticino, gran parte delle città europee.
Tratto dall'articolo:
I Magistri ticinesi e i loro protettori, di Michele Sottile
Fonte: Giornale del Popolo del 04.11.1999